Liceo Paolo Sarpi

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Armadio 9

ELETTROSTATICA

Nei gabinetti didattici ottocenteschi lo studio dell’elettricità prende l’avvio dall’elettrostatica, ovvero dalle cariche elettriche stazionarie e dai fenomeni ad esse correlati. Le proprietà elettriche della materia, indagate fin dalla prima metà del ‘700, soprattutto attraverso fenomeni appariscenti quali scintille, scariche elettriche, fulmini, portarono alla costruzione di numerosi apparecchi a scopo dimostrativo.

Nel Gabinetto di Fisica l’elettricità era prodotta con la grande macchina elettrostatica a disco 41E o con gli elettrofori; quelle prodotte con la macchina potevano essere accumulate nelle bottiglie di Leyda - i primi condensatori - e trasferite su conduttori di varia forma per dimostrare come la forma e il materiale costituente il conduttore influenzino la distribuzione delle cariche; alcuni dispositivi, quali ad esempio il Fora vetro 28E, il Fora carta 29E e l’Uovo elettrico 32E, potevano essere collegati direttamente alla macchina elettrostatica per effettuare esperienze spettacolari con le scariche elettriche, molto popolari per tutto l’Ottocento.

Fra i numerosi elettrofori del Gabinetto di Fisica, quelli inventariati con il numero 07E sono i generatori di carica costruiti secondo il modello originale proposto nel 1775 dal fisico italiano Alessandro Volta (1745 – 1827); altri elettrofori di materiale diverso servivano alla realizzazione delle esperienze condotte dallo stesso Volta sull’elettrizzazione dei metalli. Non va dimenticato che Lorenzo Mascheroni intrattenne rapporti non solo scientifici, ma anche di amicizia, con Alessandro Volta e che, ricevuto l’incarico dal Consiglio del Collegio Mariano di costituire il primo Gabinetto di Fisica, si recò presso l’Università di Pavia, dove Volta era docente, per ordinare alcuni strumenti al Macchinista dell’Università, l’Abate Re.

Nella sezione di elettrostatica del Gabinetto di Fisica sono presenti diversi elettroscopi, alcuni adatti alla semplice rivelazione della presenza di cariche elettriche, altri utili alla determinazione del segno della carica, altri ancora adatti alla sua misura. È grazie agli strumenti di misura che l’elettrostatica, a partire dalla fine del Settecento, poté diventare quantitativa.

 

 

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